Reinhold Messner |
- sport, che si fa anche nelle palestre, ovvero si fa “roccia sulla plastica”;
- turismo d’alta quota, dove il percorso è preparato dagli addetti per accogliere i “gruppi di clienti”;
- alpinismo specialistico per il quale si richiede una super preparazione e una super attrezzatura, ed è appannaggio di pochissimi.
Messner ritiene che il “suo alpinismo” non c’è più e che gli alpinisti del suo tempo hanno fallito nel portare l’alpinismo tradizionale, quello di Walter Bonatti, alle nuove generazioni pur avendolo portato sulle cime più alte, per vie nuove e con un suo “stile leggero”.
La conclusione è piuttosto amara: adesso è pressoché impossibile trovare dei posti totalmente selvaggi dove fare Avventura (con la A maiuscola) e
“oggi un giovane […] trova un mondo chiuso, un mondo sovraffollato, un mondo dove è molto difficile non soltanto trovare lavoro, ma trovare la possibilità di esprimersi”
In questo breve discorso, l’autorevole insegnamento che se ne trae è che l’attività in montagna non va vissuta come se si fosse in una struttura turistico-ricettiva e il fine non è nel miglioramento di una prestazione fisica, come invece avviene nella pratica di uno sport. Lo scopo non è nemmeno postare un selfie su Facebook. L’attività in montagna, e quella avventurosa in generale, va fatta per vivere un’autentica esperienza di scoperta, soprattuto interiore. Il problema è trovare uno spazio adeguato…
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